IL BOSCO
La storia del Bosco di Riazzolo sta racchiusa come un gheriglio entro il guscio del suo toponimo: in milanese antico il termine riazzoeu indicava una particolare reticella di caccia impiegata nella cattura delle quaglie e di altri uccelli silvestri: la radice ria- segnala l’uso tipicamente ripale di questa rete leggera, stesa su fossi e canali a maglie prensili e fini (Francesco Cherubini, Vocabolario milanese-italiano, Milano 1839-56). Il nome del luogo ne rivela pertanto l’essenziale natura: un grande bosco umido, ricco di risorgive e acque palustri, attraversato da fossi e ricolmo di fauna sparsa fra alberi e arbusti, quando non acquattata fra l’erba e i fiori del rigoglioso sottobosco. Un sito certo ideale per le antiche cacce viscontee e sforzesche, posto al mezzo delle loro splendide cavalcate, spinte fuori delle mura milanesi fino alle fresche e selvose rive del Ticino: e un luogo perciò stesso protetto da specifici editti, in quanto scampato alla progressiva avanzata dei terreni agricoli, iniziata ai tempi della prima dominazione romana (fine del III sec. a. C.) e variamente proseguita nello svolgersi dell’età medievale, sotto l’impulso delle istituzioni monastiche benedettine e umiliate, proprio a partire da quell’antica e civile centuriazione.
Esteso su una superficie di 65 ettari compresi nei Comuni di Albairate, Cisliano e Corbetta, il Bosco di Riazzolo è appunto considerato negli studi scientifici preziosa reliquia dell’originaria foresta planiziale lombarda, contraddistinta dal dominante querco-carpineto (quercia farnia e carpino bianco), frammisto di meli, ciliegi, aceri e ontani, adombranti biancospini, noccioli, cornioli e viburni, tutti allignanti nell’umido e fresco humus ricoprente terreni sciolti e sabbiosi, ricchi di ghiaie e sempre ben drenati. Avuto riguardo al suo peculiare valore, il Parco Agricolo Sud Milano ha inteso classificarlo quale pregiata Zona di interesse naturalistico (art. 31 PTC), affratellandolo al vicino Bosco di Cusago appartenente alla medesima tipologia. In queste due ultime superstiti aree silvestri del Basso Milanese, il Parco incoraggia interventi di miglioramento volti al ripristino dell’assetto originario, mediante il contenimento delle specie esotiche introdotte con specifiche finalità economiche tra la fine del Sette e il principio del Novecento (robinia, ailanto e ciliegio tardivo).
Passeggiando per il Bosco di Riazzolo, il visitatore potrà incontrare le piante e gli arbusti che già Virgilio ammirava nei suoi boschi lombardi, annoverandoli puntualmente fra i versi delle Bucoliche, spessocon occhi attenti al particolare: è il caso dei folti noccioli (densas corylos), dei teneri viburni (lenta viburna) e dei salici amari (salices amaras), cui si aggiungono, a più stretto dettaglio, le mele dorate (aurea mala) colte da un albero del bosco (silvestri ex arbore: il nostro melo selvatico) e le bacche sanguigne del sambuco (sanguineis ebuli bacis), o ancora, fra molte altre presenze familiari, l’igrofilo ontano di vigorosa crescita primaverile (vere novo viridis se subicit alnus) e le svettanti nobili querce farnie, sovente colpite dal fulmine (de caelo tactas quercus).
Ogni angolo del Bosco di Riazzolo svela intatti frammenti geografici capaci di ricomporne la storia millenaria: tra la dominazione romana e l’alto medioevo, i suoi acquitrini dovettero essere progressivamente bonificati lasciando spazio alle teste dei fontanili, che con le loro aste e canali ne attraversano l’ampio manto ombroso fino a raggiungere e ad irrigare le circostanti campagne: così se il profondo Fontanile Risotto ci rammenta la secolare coltura del riso estesa attorno a Rosio (Albairate) e Fagnano (Gaggiano), il Fontanile Porcile, contornato di farnie, lumeggia l’antico uso celtico di allevare maiali nei querceti generosi d’ombra, d’acqua sorgiva e di ghiande; alle pratiche venatorie richiama ancora il Fontanile Uccella, segnalando l’impiego di reti stese fra i rami e più in generale le assidue cacce silvestri iniziate dai Visconti e fastosamente continuate dagli Sforza, fino a proporre interi cicli di affreschi sulle pareti d’ogni sala del Castello di Milano, raffiguranti con gusto ancora tardogotico duchi e cavalieri a cavallo, ritratti dal vero e immersi nei prediletti luoghi dei loro intrepidi ozi (si tratta dei perduti cicli di caccia commissionati da Galeazzo Maria Sforza a Bonifacio Bembo intorno al 1473). Alcuni di questi fontanili furono intersecati dall’ampio corso della Roggia Soncina, fatta scavare da Francesco Sforza nel 1450 per portar acqua ai fondi di Cusago, derivandola direttamente dal Naviglio Grande: le opere irrigue connesse a tale fabbrica accompagnano la roggia attraverso l’intero bosco, disegnando ancora una volta l’asse Milano-Cusago-Riazzolo.
L’aspetto e l’utilizzazione del bosco si mantennero pressoché invariati fra Cinque e Settecento, nell’avvicendarsi di proprietà conservative capaci di contemperare i periodici tagli con gli svaghi privati, pur in presenza di una costante diminuzione della superficie totale, a vantaggio della graduale espansione dei coltivi, portata a un massimo di razionalizzazione in età teresiana, oggettivamente trasferita nell’istituto catastale. Già a metà dell’Ottocento il botanico poteva infatti lagnarsi che fosse scomparso quasi “ogni vestigio della vegetazione primitiva” (Carlo Cattaneo, Notizie natuarli e civili su la Lombardia, Milano 1844). Ma proprio allora inizia a delinearsi un più sensibile impatto antropico sulle residue selve dell’Alto e Basso milanese, specie con la diffusa introduzione della robinia pseudoacacia, pianta nordamericana sostenuta fra gli altri da Alessandro Manzoni: anche il Bosco di Riazzolo accolse diffusi impianti di robinie, divenendo nelle aree marginali un ordinato ceduo a ceppaie tagliato a turni di dieci-undici anni. Alla fine del secolo lo scrittore e diplomatico Alberto Carlo Pisani Dossi, in arte Carlo Dossi (1849-1910), diviene proprietario del Bosco di Riazzolo e degli ampi fondi agricoli che lo contornano, connessi tutti all’antica Casa Mussi di Corbetta, proprio allora restaurata nelle sue linee viscontee: contestuali ricerche d’archivio permisero di scoprire che Ambrogio Varese da Rosate, medico e protofisico di Ludovico il Moro, ne era stato proprietario intorno alla fine del Quattrocento. Non sarà pertanto improprio immaginare a Riazzolo eleganti incontri di svago silvestre durante il ducato del Moro, anche e proprio nei possedimenti del carissimo Ambrogio: lo stesso Leonardo da Vinci, attivo in quei medesimi anni presso la corte sforzesca, avrà senz’altro conosciuto questi vicini paesaggi, intersecati a diversi livelli da molti e ingegnosi manufatti irrigui (teste, aste, tombe, salti del gatto, ponti canale, bocchelli, chiuse e altro ancora). All’età romana compresa fra I sec. a.C. e II sec. d.C. ci riportano invece gli scavi archeologici compiuti dallo stesso Dossi ai margini del Bosco di Riazzolo, fra Albairate e Cisliano (le necropoli della Vigna Streppa, della Cascina Faustina e del podere della Mischia).
Al principio del Novecento, la crescente ingressione periferica di altre specie esotiche, quali il ciliegio tardivo americano e il cinese ailanto, modificò ulteriormente l’equilibrio del bosco, comunque tenacemente protetto da Franco Pisani Dossi (1894-1968), figlio di Carlo e intelligente erede di quel bene prezioso, anche attraverso l’istituzione (1913) di una Riserva di caccia, quale unica forma, allora, capace di poter contenere la continua espansione delle terra coltivata (secondo, è curioso notare, l’inveterato uso visconteo).
L’integrale recupero dell’assetto originario del bosco, mediante graduali e sistematici interventi di miglioramento, è ormai affidato agli eredi di Franco Pisani Dossi ed è già in atto (1998-2003) su sedici ettari di superficie, grazie alla costante cura e all’operoso potenziamento d’ogni specie autoctona. Tali opere hanno potuto incontrare l’iniziale contributo (1998-1999) della Comunità europea (Reg. CEE 2080/92) e il successivo sostegno (2000-2002) del Parco Agricolo Sud Milano e dei Comuni di Cisliano e Corbetta, attraverso la stipula di specifiche convenzioni.
Numerosi censimenti e studi d’area relativi alla flora, alla fauna e al sistema dei fontanili del Bosco di Riazzolo sono stati promossi e direttamente curati dal Parco in collaborazione con le Università degli Studi di Milano e Pavia. Presso il Bosco della Chiesa, appezzamento satellite del Bosco di Riazzolo in Comune di Corbetta, il Parco ha attivato nel 2000 un sito di reintroduzione del Pelobates fuscus insubricus (Cornalia, 1873), specie anfibia quasi estinta in Pianura padana: il progetto è realizzato in collaborazione con i proprietari del bosco e allarga la salvaguardia di questi mirabili luoghi.